È tempo di feste, e sulle tavole delle famiglie di tutto il mondo compaiono i piatti della tradizione del periodo natalizio.
La cucina italiana, rispetto a qualsiasi altro paese, ha in questo contesto una sua peculiarità, ossia di essere caratterizzata da una grandissima varietà di ingredienti e di ricette che cambiano da città a città, quando non addirittura tra singoli paesi. Eppure, non esiste cenone della vigilia o pranzo di Natale che non si concludano con il grande protagonista delle abitudini natalizie nostrane: il panettone.
Dolce originario della città di Milano, il panettone si è diffuso in tutto il paese. Il suo gusto particolare e antico ha fatto sì che ne nascessero una grande quantità di varianti, ma la ricetta classica non si discute – farina, burro, zucchero, uova per l’impasto a cui vengono addizionati due ingredienti a dir poco divisivi: l’uvetta e la frutta candita.
Quest’ultima si ritrova in altri famosi dessert del periodo natalizio: accompagnata da mandorle nel panforte di Siena, come guarnizione di torroni pregiati, ma anche la frutta candita stessa ricoperta di cioccolato – rigorosamente fondente per smorzarne il sapore dolcissimo. Anche per questo, tra la frutta candita più diffusa ci sono gli agrumi. Infatti l’aroma al tempo stesso aspro e amarognolo della loro scorza ben si presta all’aggiunta di dolcificanti naturali.
Ma come si fa la frutta candita? E qual è la sua storia?
Il termine “candito” deriva dall’arabo qandat, a sua volta derivante dalla parola sanscrita kandakah, che significa letteralmente “zucchero”. La canditura non è un semplice modo di insaporire la frutta, ma un vero e proprio metodo di conservazione: mentre un frutto si mantiene al di fuori del frigorifero per una manciata di giorni, una volta candito può resistere anche fino a diversi mesi.
La procedura per ottenere la frutta candita è un po’ lunga e macchinosa, ma si può tranquillamente fare in casa. Si taglia la frutta che si desidera candire (anche le scorze vanno benissimo), e si ricopre di sciroppo. Tra la frutta e lo sciroppo avviene uno scambio osmotico che è alla base della ricetta, e che può durare da qualche giorno a una settimana a seconda del frutto. A questo punto, si scola lo sciroppo che viene poi fatto bollire con l’aggiunta di zucchero e versato nuovamente sulla frutta. Questa operazione di chiama giulebbatura, un altro termine derivante da una parola araba, giuleb, che significa “acqua di rose”, poiché il procedimento di canditura ha delle somiglianze con quello di distillazione della famosa acqua aromatica. La giulebbatura può essere ripetuta diverse volte, fino ad ottenere il grado di canditura desiderato. A questo punto, la frutta candita può essere mangiata da sola o aggiunta all’impasto di torte, plum cake, gelatine o dolci al cucchiaio.
D’altronde lo sposalizio tra frutta e zucchero è di lunga data: esistono diverse varianti della canditura, come immergere la frutta nel miele, che è un metodo di conservazione già conosciuto nell’antichità greca e romana. La leggenda popolare vuole che a importare per primo la canna da zucchero dall’Oriente sia stato nientemeno che Alessandro Magno, avventuratosi fino all’India, dove lo zucchero era già prodotto. La canditura vera e propria è invece di origine mediorientale, e infatti la frutta candita si ritrova in ricette tradizionali di zone che avevano contatti frequenti con il mondo arabo, come la Sicilia. Non è un caso che da questa terra provenga uno dei dolci più noti che utilizza la frutta candita, ossia la cassata siciliana. Anche in Liguria, in virtù dell’attitudine allo scambio dato dalla tradizione navale, esiste il pandolce, una sorta di pane lievitato con l’aggiunta di frutta candita.
In generale, però, bisogna considerare come in Occidente lo zucchero sia stato considerato un vero prodotto di lusso fino alla nascita delle colonie, che ne ha permesso un’importazione relativamente a buon mercato e che ha reso questo ingrediente un elemento di base della cucina europea.
Anche per questo i dolci con frutta candita sono spesso i dolci delle feste: nonostante oggi possiamo mangiare dolciumi e acquistare frutta candita durante tutto l’anno, non va dimenticato come un tempo queste pietanze fossero il segnale di un momento importante da celebrare.
Che piaccia o non piaccia, quindi, la frutta candita è molto di più che un dolce d’antan: è il segnale che a tavola è arrivato il Natale, il momento per concederci qualche vizio in più.