I frutti tropicali sono afrodisiaci?

 

“Sine Cerere et Libero friget Venus”, scriveva il drammaturgo latino Terenzio, ossia “Senza Bacco e Cerere, Venere ha freddo”: il legame tra buona tavola, alcool e desiderio sessuale non è una novità dei giorni nostri, ma era noto già nell’antichità romana.

Avventurarsi tra gli articoli online che trattano il tema degli alimenti afrodisiaci, ossia gli alimenti che aumenterebbero la libido, vuol dire infilarsi in una giungla di opinioni dal blando, quando non del tutto inesistente, fondamento scientifico. Eppure la questione, con le dovute riserve, non smette di appassionare.

Nel suo libro Afrodita, raccolta di racconti, ricette e altri afrodisiaci Isabelle Allende sostiene che gli afrodisiaci siano “il ponte gettato tra gola e lussuria”. Continua la scrittrice: “Immagino che, in un mondo perfetto, qualsiasi alimento naturale, sano, fresco, di bell’aspetto, leggero e saporito – vale a dire, dotato di quelle caratteristiche che si cercano in un partner – sarebbe afrodisiaco”: secondo l’autrice le virtù erotiche del cibo non sono date, quindi, da effettive qualità mediche, ma piuttosto dal valore simbolico a essi correlato.

Non sembra un caso, infatti, che molti dei cibi tradizionalmente considerati afrodisiaci siano anche assimilati al lusso per la loro rarità o il loro costo, come il tartufo, le spezie, le ostriche, o i frutti tropicali: basti pensare al successo gastronomico del frutto della passione, il cui nome è lungi dal riferirsi alla passione erotica, riferendosi invece alla passione di Cristo. Eppure il frutto della passione, così come l’ananas, il mango, il cocco, viene considerata un frutto afrodisiaco. Come mai?

Neurogastronomia e piacere

Indubbiamente questi frutti hanno una caratteristica comune, ossia di essere zuccherini e aromatici, il che è particolarmente significativo se consideriamo che quello che generalmente chiamiamo gusto, in realtà, è una sensazione che attiva sia il senso del gusto che quello dell’olfatto, dove però quest’ultimo costituisce l’80% dell’esperienza percettiva.

Il gusto e l’olfatto evolutivamente hanno avuto il ruolo essenziale di permetterci di riconoscere e scampare pericoli come quello dell’ingestione di cibo avariato agendo da rilevatore di sostanze chimiche presenti nell’ambiente, ruolo che ci rende simili ad altre specie animali. Questa particolare caratteristica si situa anatomicamente nella parte più antica del nostro cervello, la stessa parte da cui dipendono gli istinti e le emozioni: il sistema limbico. È per questo anche che il gusto e l’olfatto sono sensi che hanno un particolare legame con la memoria, legata a doppio filo con la nostra emotività.

L’evoluzione umana ha però modificato il sistema di percezione dei sapori a livello cerebrale. Infatti il gusto e il cervello umano vengono codificati in parte sempre nel sistema limbico. In parte, però – e in questo ci distinguiamo dagli animali –, i segnali vengono decodificati anche dalla corteccia prefrontale, una zona del cervello di recente evoluzione dedicata ad attività cognitive complesse come la pianificazione dei comportamenti, l’espressione della personalità, il comportamento sociale. È una zona, insomma, condizionata dal contesto culturale e sociale in cui viviamo: il cervello, mentre mangiamo, elabora non solo gli aspetti più puramente percettivi degli stimoli, ma anche le caratteristiche legate al significato simbolico dell’alimento che stiamo mangiando. È a causa di questa elaborazione combinata, quindi, che troviamo disgustoso mangiare un insetto mentre riteniamo piacevole mangiare, appunto, un frutto esotico.

Quindi esistono i frutti afrodisiaci?

Per quanto tutto il cibo, e quindi anche la frutta, abbia delle caratteristiche chimiche che stimolano delle reazioni fisiologiche in noi – come lo zenzero, che condiziona la pressione sanguigna, o la banana, che energizza –, tutti noi abbiamo fatto l’esperienza di mangiare un alimento generalmente considerato afrodisiaco senza sentire nessuno effetto, ma anche quella di avvertire una sensazione di piacere legata ad alimenti generalmente non ritenuti stimolanti.

Quanti di noi inconsciamente legano una macedonia di frutta tropicale a una cena elegante, all’estate, a una vacanza in un paese lontano, a un ricordo piacevole? Non basta forse questo a predisporci al piacere, al desiderio, alla voluttà?

E poi, sarà un caso che il piacere, la lussuria, la sete di conoscenza nella cultura occidentale siano rappresentati proprio dall’episodio di Eva che raccoglie il dolce frutto proibito?

Insomma, esistono o no i cibi afrodisiaci? La risposta è sì, esistono: ma esistono nel cervello di ciascuno di noi. Come scriveva Isabelle Allende: “Gli uomini che sono passati dalla mia vita li ricordo cosi, alcuni per la qualità della loro pelle, altri per il sapore dei loro baci, l’odore dei loro indumenti o il tono dei loro sussurri, e quasi tutti sono associati ad un alimento particolare. Il piacere carnale più intenso, goduto senza fretta in un letto disordinato e clandestino, combinazione perfetta di carezze, risate e giochi della mente, sa di baguette, prosciutto, formaggio francese e vino del Reno. Non posso separare l’erotismo dal cibo, e non vedo nessun buon motivo per farlo”.